Cruz Del Sur |
Da Indianapolis (Indiana, USA) una band al debutto su full-length album... dopo un Live, due singoli, un EP ed uno split. Diciamo subito che, almeno apparentemente, i Sacred Leather sono votati al più Puro Metallo, del quale però sembrano "forzare" alcuni pochi stilemi, portandoli agli estremi. Provate ad ascoltare subito l'iniziale title-track di questo "Ultimate Force" e capirete. Verrete accolti da un urlo lancinante e da un'energica ritmica che fa da supporto ad assoli altrettanto lancinanti al fulmicotone. Ed altrove non è differente. Il tutto condito da testi guerreschi e a volte un po' fantasy... e una discreta dose di energia sonora. I Sacred Leather potrebbero rappresentare l'ultimo baluardo del Metallo Pesante appena sfornato dalla italianissima e rampante Cruz Del Sur Music. E quanto basta per capire di che categoria di bands stiamo parlando. Stilemi, come detto, pochi e diretti. E i Sacred Leather potrebbero, con il tempo, far contento chiunque ancora glorifica il Metal Classico come fosse una reliquia portentosa. In effetti, posso comprendere la fede e la passione esagerata che i nostri sembrano riporre nel Sacro Metallo. Però, credo abbiano fatto un discorso di privazione. Nel senso che hanno ridotto le composizioni all'osso, basando tutto sull'energia straight-in-your-face, confezionando canzoni con pochi riffs e tanti acuti... di voce e di guitar-solos (molti dei quali armonizzati a doppia chitarra, ma in genere basati su sequenze di poche note). Il che è un'arma doppio taglio. Potrebbe essere il trionfo dell'apparire sull'essere. Difatti, su questo disco... non è tutto acciaio quel che luccica (vi è piaciuta questa???). Innanzitutto, la voce del singer non convince. Risuona un po' troppo forzata e manieristica (e ce ne stanno già tante di nuove leve che vogliono diventare il nuovo Eric Adams). E poi... quest'album inizia a diventare ripetitivo a partire già dal terzo pezzo. Al sesto non convince più per nulla. Forse, "Fede nel Sacro Metallo" significa anche qualcosa di più... non trovate? Vale a dire, composizioni strutturate, rodate e ben funzionanti a livello di feeling, motivate da uno scopo, parti vocali più accattivanti, più tempo in sala prove... purtroppo, tutto questo qui non c'é. E il disco in questione risulta molto acerbo, non arrivando neppure alla sufficienza. C'é qualcosa che non va anche nella sentimentale power-ballad "Dream Searcher", che risuona un po' troppo stereotipata e minimale nella composizione e nell'esecuzione, nonché caduta a pieno nella trappola della prolissità con i suoi oltre 8 minuti senza grandi variazioni. La produzione, oltretutto, appare troppo monodimensionale. Le cose sono due: se i nostri si accontenteranno di rimanere una piccola cult-band, buon per loro. Nel caso avessero mire di popolarità più ampie, beh, non ci siamo proprio. Bisogna lavorare, e molto, per tirar fuori qualcosa di artisticamente convincente, piuttosto che acuti vocali un po' gracchianti che durano 10 secondi e guitar-solos, armonici e non, molto stereotipati. Va bene un po' di minimalismo ognitanto, però, quando tende a mancare il feeling nelle cose che si fanno, si rischia di apparire anche piuttosto superficiali. E quel che è peggio, anacronistici. Sapete com'é... il Metal è musica sincera e caXXuta. Ricordatevelo sempre.
Voto: 4/10
Alessio Secondini Morelli