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Scopro con interesse questa formazione milanese ascoltando la loro terza release ufficiale, “Opting For The Quasi-Steady State Cosmology”, per l'etichetta indipendente Vomit Arcanus Productions. In questo lavoro i Labyrinthus Noctis scoprono fin da subito le loro carte. Già con l’opening track “Reaching The Last Scattering Surface” appare chiaro l’intento della band: un metal melodico e d’atmosfera che mette in risalto la vocalità struggente ed espressiva della talentuosa singer Ivy, sorretto da una sezione ritmica estrosa ed impreziosito da arrangiamenti cupi e suggestivi, il tutto intriso di forti tinte elettroniche e prog. È una linea di condotta che guida l’intero album, prediligendo a tratti un singola faccia, a tratti un’altra, di questo poliedrico lavoro che per più di un aspetto tende naturalmente al confronto con alcuni artisti che amo, come i Lacuna Coil degli esordi e gli Ocean of Slumber. Si intuisce subito, dunque, che la formula variopinta di influenze proposta dal quintetto milanese trova in me un’ascoltatrice attenta ed interessata. I brani sono lunghi, ma la varietà al loro interno li rende godibilissimi e tutt’altro che noiosi. Una caratteristica che emerge chiaramente in brani come “Melancholia”, una traccia di quasi otto minuti che alterna sezioni trip-hop, gothic, persino folk (seppur declinato nella sua variante dark), o come “Negentropy”, che inizia con un lugubre ricercare organistico accompagnato da spettrali vocalizzi lirici, evolvendo in varie sezioni di carattere diverso. Si prosegue in un viaggio ricco di colori, stili e sonorità differenti, come accade camminando nel centro di una grande metropoli in cui culture e diversità si incontrano e si fondono tra loro, dando vita a qualcosa di nuovo eppure già noto allo stesso tempo. Si passa dalle atmosfere pacatamente folk di “Lament of Melusine” a pezzi dichiaratamente prog come “Kosmonaut Vladimir Komarov” o brani come “Amborella Trichopoda“ o “Noctis Labyrinthus” che virano verso il gothic metal dei primi Lacuna Coil, fino ad arrivare all’inaspettato finale “Padre Davvero”, una cover piuttosto fedele del primo singolo di Mia Martini. Un lavoro poliedrico, creativo ed interessante. Unica pecca, a mio avviso, una produzione poco curata e di bassa qualità che penalizza un lavoro davvero ricco di potenziale.
Voto: 7.5/10
Sam A.