The life and the legacy of Dexter Gordon


Un compagno inseparabile di Dexter Gordon era The Ginger Man, il libro dello scrittore irlandese J.P. Donleavy. Sembra che la particolare organicità della scrittura di Donleavy fosse molto gradita al sassofonista tenore americano, soprattutto nel momento in cui decise di cominciare a scrivere una sua autobiografia, con l'aiuto dell'ultima compagna Maxine Gordon. Dexter era affascinato dallo stile dello scrittore irlandese perché ribelle ad un certo tipo di convenzioni letterarie: il linguaggio utilizzato da Donleavy nonché il suo umorismo scandaloso, elaborato da una prospettiva popolare, aveva come potente fine il raggiungimento di una vita "onesta" e "libera", proprio quello che Gordon cercherà di ottenere in tutta la sua esistenza. Per far questo è necessario avere un desiderio, condividerlo, farsi prendere dal piacere della sua fruizione ed infischiarsene delle regole dei sensi e della mente che non sanno dare risposte; c'è molto di Rabelais in Donleavy, una filosofia apparentemente spicciola che autori come Calvino detestava. 
Dopo la morte di Dexter, Maxine si è messa in moto per soddisfare i desideri del marito, cercando di colmare tutti i punti salienti di una vita artistica ed umana che aveva tanto da raccontare. Sophisticated Giant, The life and the legacy of Dexter Gordon è il risultato di questa sua attività, che l'ha portata a contatto di una comunità ampia di persone e musicisti che hanno ruotato attorno a Dexter: il materiale presentato nel libro, edito dalla University of California Press, svela molti particolari del sassofonista americano e, nel linguaggio narrativo di Maxine, trovano spazio le bozze scritte appositamente per il libro da Dexter, l'approfondimento sugli avi e sulle vicende familiari come importanti indicatori cromosomici del carattere del sassofonista e poi ancora, chiarimenti, pareri, lettere di amici ed impresari, che hanno riempito la vita di Dexter. Quello di Maxine è un lavoro quasi da detective scolastica, che vuole arrivare alle verità delle cose (soprattutto quelle volutamente tenute nascoste da Dexter), senza nessuna pretesa critica; con molta scioltezza, perciò, si fa conto di un uomo che passò da inebrianti momenti ad incredibili cadute in basso, dove Maxine evidenzia la forza dell'uomo di risollevarsi dopo lunghi periodi (le chiama phoenix rising): le molte relazioni (accompagnate da prole) che gli diedero in alcuni casi delle vere e proprie tribolazioni, il sostentamento delle droghe (da cui però alla fine uscì fortunatamente vittorioso), il carcere e i forzati espatri (dovute alle frequenti ricadute negli stupefacenti), furono elementi condivisi con il sentirsi protagonista di un'epoca (il be-bop e il riconoscimento mondiale), la nascita dei figli e il piacere di una vita relazionale e musicale appagante.
Sophisticated giant non è, quindi, un libro che viaggia sulle coordinate di quanto fatto in passato da Stan Britt nel suo Dexter Gordon: A musical biography (Da Capo Press, 1989), libro che raccoglieva l'intensità dei tanti interventi critici effettuati sulle riviste specializzate statunitensi da mostri sacri della critica come Brian Case, Howard Mendel o Ira Gitler, ma vuole mettere in evidenza una storia, approvata dall'artista. Detto questo, c'è un interesse per la musica che è funzionale alla scrittura: se "the life" è molto curata, "the legacy" sembra un pò meno; l'aiuto delle fonti esterne è utile per far scattare un paradigma della personalità artistica, specie quando Maxine parla delle origini del be-bop, dei concorrenti-amici di Dexter (Wardell Gray, Teddy Edwards, Sonny Stitt) e dell'interpretazione storica di certe posizioni. Ira Gitler, il più accanito difensore di Dexter, viene citato a proposito del dibattito tra storici del jazz e giornalisti, quanto al primo assolo effettuato al tenore in materia be-bop: Gitler lo individuava nella Blowin' the blues away, nella band di Billy Eckstine nel '44, nella Lonesome lover blues e in Blue'n'boogie con Gillespie; oppure si può apprezzare nel capitolo dell'Homecoming, la prefazione di Sonny Rollins che riconosce a Gordon la figura di "ponte" stilistico tra Charlie Parker al sax alto e quello che era possibile al sax tenore, senza tuttavia specificarne le caratteristiche; o ancora si è certamente d'accordo nel considerare la gran parte delle registrazioni Blue Note come pacchetto universale senza temporalità. 
L'eredità di cui non si parla, sta nel fatto che Dexter, pur non avendo fatto parte della schiera degli innovatori del jazz, era uno splendido musicista, che viveva su un incredibile e pericoloso equilibrio: la sua musica viveva di temi, variazioni melodiche e cellule ritmiche che avevano bisogno di brillare continuamente nell'esecuzione, pena il decadimento verso la retorica delle forme e dei motivi, soprattutto quando la musica poggiava sulle ballads o i toni si smorzavano; per potersi distinguere, il fraseggio, quell'impostazione "spacious" che gli è stata riconosciuta (per via dell'altezza e della quantità d'aria nei polmoni) e l'impianto musicale (tipicamente quartetti timbricamente composti in maniera tradizionale), dovevano essere sempre in un vortice tirato al massimo: è quanto Dexter cercava in Donleavy, ossia accettare gli umori ambigui e le emozioni evanescenti e farle diventare veicoli di comprensione, dove l'improvvisazione jazzistica resta capace di esorcizzare pene, dolori e catastrofi personali irrisolvibili. Personalmente penso che Gordon possa essere citato due volte come "ponte": uno riconosciuto da tutti, che si sostanzia nel passaggio temporale dallo swing al be-bop (nel tenore, Lester Young che dà la mano a Rollins), l'altro sta nella fase esecutiva e nelle tecniche, tra lui e Coltrane nella fase avanzata del bop (l'hard bop in particolare), quando registrò il suo capolavoro Our man in Paris: in quella sede Dexter suonò come mai prima o dopo, sgrattando, allungando o stringendo il suo sax in molti passaggi improvvisativi, un inedito segnale che richiama ancora l'equilibrio e il fatto di essere al limite delle convenzioni. 
Durante la sua lunga permanenza in Danimarca (che gli valse pace, meriti e un bel contratto discografico alla Steeplechase) Gordon continuò a dimostrare il suo valore in tempi in cui il jazz stava già volando su altri lidi (in particolare io sono legato a dischi come The Apartment o Bouncin' with Dex), tanto da non far sembrare poi tanto sorprendente il suo comeback negli Stati Uniti: nel libro di Maxine si può trovare una gratificante parte dedicata a questo ritorno, agli inviti condivisi con l'elitè della Casa Bianca, la nomination per un Oscar, nonché la sua esperienza cinematografica in Round Midnight di Tavernier. Quello che si consolida con questi episodi è uno stile speciale da club, fortemente umorale, che miscela i sapori agrodolci della vita e ci permette di provare, ancora oggi, un senso di complicità abitualmente e razionalmente represso. Se ci pensate bene, una dimensione della vita a cui molti rinunciano. 


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