Una calma e convincente serata autunnale mi ha spinto nel paesaggio spettrale e mistico del centro cittadino della città di Trani: a 70 metri circa dalla luminescente Cattedrale sul mare, l'Auditorium della chiesa di S.Luigi Gongaza (oggi non più destinata al culto ma solo ad eventi culturali) ha ospitato il nuovo quintetto del sassofonista soprano Roberto Ottaviano. Monumentale musicista quanto le adiacenti aree delle architetture lasciate indelebilmente dal tempo*, Ottaviano ha brevemente presentato nella tappa di Trani il suo nuovo progetto musicale, abbinandolo ad un cd pubblicato dalla Dodicilune dal titolo Eternal Love: Dice: "...quando Francis Bebey, musicista, scrittore e giornalista camerunense, che ho avuto la fortuna e l'onore di conoscere, agitava la sua Mbira lasciando risuonare al suo interno dei frammenti di ossa come dei sonagli, amava dire che quello è il suono dei morti che non sono morti, nel senso che non ci abbandonano ma anzi ci guidano nel peregrinaggio della nostra esistenza. Nella cosmogonia Africana questo è l'Eternal Love....". In questa impresa Ottaviano ha scelto musicisti e temi: per quanto riguarda i primi si è avvalso di Marco Colonna (cl.), Alexander Hawkins (pf.) e la sezione ritmica Giovanni Maier (cb)-Zeno De Rossi (bt.); per i secondi, accanto a due temi da lui composti, ha proposto attività di reinterpretazione improvvisativa su un parco ampio di compositori di motivi jazz del passato (Abdullah Ibrahim, Dewey Redman, Charlie Haden, Elton Dean, nonché Cherry e Coltrane). In entrambi i casi (musicisti e temi) le scelte non potevano essere che le migliori e bastano cinque minuti dell'esibizione per rendersene conto sebbene il concerto sia dimensionalmente ridotto rispetto al cd: tutti suonano parti difficili con una facilità impressionante, rispettando le proprie caratteristiche espressive, ma è Ottaviano che prende tutti per mano con il suo soprano, elargendo splendide configurazioni sonore, talvolta in assolo talvolta in sostegno. Nonostante l'esperienza e la preparazione da vendere, Roberto emana una modestia di fondo incredibile: il suo è un jazz che serve il pensiero del musicista, che cerca di trovare dal profondo dell'animo una giustificazione ai comportamenti del tempo in cui viviamo, e prova a portarlo a compimento presso l'audiance. Non meno importanti per me il re-incontro con Marco Colonna (che chi legge le mie pagine dovrebbe conoscere benissimo oramai) e l'incontro con De Rossi, Maier e Hawkins. L'idea è che questi musicisti siano fondamentali nel conseguimento di quella ricerca di totalità nel jazz voluto da Ottaviano.
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*Nota: non c'è qui lo spazio giusto per ripercorrere l'attività artistica di Ottaviano. Tuttavia, puoi consultare qui, brevemente, una mia recensione su Arcthetics-Soffio Primitivo, dove ho profuso qualche considerazione storicizzata.