Avamposti dell'oboe

Per l'edizione numero sette dell'opera del compositore Claus-Steffen Mahnkopf si può certamente individuare un filo conduttore di ragione storica: trattandosi dell'oboe e del lavoro svolto con lo specialista australiano Peter Veale, non si può fare a meno di tornare alle radici del cambiamento intervenuto sullo strumento grazie alla pratica estensiva. 
L'origine delle nuove modalità compositive si ha quando Luciano Berio scrive la Sequenza VII nel 1969, donandola al più alto rappresentante dello strumento di quel momento: Heinz Holliger aveva già scritto per oboe, ma l'aveva fatto senza lambire certi territori; con Berio, invece, si apre una nuova, ampia prospettiva, quella dell'estensionismo preso a sistema, fatto di manovre apparentemente speculative che inglobano tutto ciò che non era mai stato fatto sull'oboe o che era confinato a qualche tentativo: trilli, multifonia, colpi di lingua, diteggiature, caricamenti d'aria, armonici, etc. 
Holliger approfondì due anni dopo le prime scoperte intellettuali del compositore italiano con un eccellente pezzo dal titolo Studie uber Mehrklange fur Oboe, dove un gran compito veniva riservato alla respirazione circolare e alla possibilità di creare un tessuto quasi ipnotico. Queste due composizioni hanno sostanzialmente preparato il campo a tutta la creatività dello strumento espressa nella forma delle tecniche non convenzionali: è il terreno di conoscenza anche di Mahnkopf e Veale, che, nel culmine delle loro ricerche nel 1991, scrissero un fondamentale libro su tutti gli spiazzamenti dell'oboe, dal titolo The Techniques of oboe playing, che è diventato un must per tutti gli studiosi dello strumento. La collaborazione scientifica di Mahnkopf e Veale è continuata negli anni e Music for oboe, l'edizione sette del ciclo Neos Record di Mahkopf, è la concretizzazione di una proliferazione delle scoperte sui multifonici e degli obiettivi della composizione: viene coperto un periodo che va dal 1990 fino al 2013, che è uno spaventoso sviluppo di quell'idea iniziale di espansione che fu di Berio e Holliger; Gorgoneion (1990) è un lungo soliloquio dalla natura mitologica che rende l'oboe straordinariamente attivo e lirico, un particolare vocabolario di liricità che riesce a produrre in dosi industriali microtonalità e gemiti multifonici che spesso sconfinano in ciò che potrebbe essere creato da un complemento valvolare di un impianto analogico; la linea microtonale dell'oboe viene ancora più scandita nei tre movimenti brevi di Illuminations du brouillard (con inserzione di pianoforte), un pezzo che implica un decentramento anamorfico, prospettive non pienamente percepibili, attuate tramite una tecnica (che Mahnkopf chiama come mezza voce effects) ed alcune diteggiature specifiche funzionali alla colorazione armonica; l'aggancio all'elettronica avviene con quanto scritto nel 2002 con Waste 2: basato su The crying of lot 49 di Thomas Pynchon, si modella sull'ambientazione paranoica dell'autore americano fornendo moltissime soluzioni tra oboe in multifonia, in modificazione e in contrasto con strutture silenziosamente ebollienti o metalliche del nastro, in ossequio ad un modello di replica numerica delle strutture narrative dello scrittore; è una magnifica osservazione che se ne ricava, che incute persino un certo timore. L'ulteriore salto di qualità viene rappresentato da Hommage au hautbois. A musical ostracism, una composizione per ensemble dove tre coppie di strumenti (clarinetto+clarinetto basso, tromba+trombone, chitarra elettrica-percussioni) sembrano improvvisare contro l'oboe: è una sorta di energica battaglia dell'espressione che vuole rifarsi all'ostracismo greco, cercando di creare uno spazio musicale ultra moderno per quell'antico metodo di votazione sui cocci; la composizione è continuamente senza centro gravitazionale, in balia delle tecniche estensive, estremamente complessa ma allo stesso tempo unica nel suo genere. E' una ulteriore dimostrazione di quanto importanti e forti siano le associazioni estraibili da un uso non regolare degli strumenti, di come è possibile creare prospettive filosofiche ed antropologiche che non mancano nemmeno nei quindici minuti di Solitude-Nocturne, una composizione per piccolo oboe (dal punto di vista del registro una versione soprano dell'oboe classico) creata su stimolo dello specialista Ernest Rombout (e a lui affidata in questa registrazione): qui la lentezza del movimento si erge a scudo, cerca di fissare il tempo, donargli quello spazio di felicità che Adorno riservava al destinatario del dono. 


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