Ferruccio Busoni and his legacy

L'analisi di un autore classico, fatta partendo dai suoi allievi, può sollevare criticità nell'impostazione di un percorso ragionato in cui individuare stili ed equivalenze sonore. Il caso specifico che ora vi propongo è quello del compositore e pianista Ferruccio Busoni e dei suoi pupilli, così come analizzato dalla professoressa Erinn E. Knyt, docente di storia della musica all'Università di Massachusetts Amherst. La Knyt ha scritto un libro (naturalmente in lingua inglese edito dalla Indiana University Press) per dimostrare ancora una volta quanto sottovalutata sia stata la figura di Busoni in rapporto alle innovazioni che tutto il novecento musicale ha espresso: in Ferruccio Busoni and his legacy l'analisi cerca di andare oltre la normale convinzione che Busoni avesse idee lungimiranti riguardo agli sviluppi che la musica avrebbe intrapreso, cercando di stabilire dei contatti definitivi tra lui e quei sviluppi. Articolando gli impulsi formali e di pensiero trasferiti ai suoi allievi, le 300 pagine circa del testo consentono di addivenire ad un primo e, al momento, unico corpo di legami che vuole sollecitare una riflessione su quanto Busoni predicava già nel suo Sketch of a new estethic of music, una posizione teorica che precede le innumerevoli configurazioni della musica del Novecento, dal neoclassicismo francese allo studio delle microtonalità, dall'atonalità a tutte le avanguardie. L'antecedente storico è trattato attraverso tutta la documentazione disponibile su rapporti epistolari, manoscritti, annotazioni, un'ampia bibliografia che riguarda direttamente ed indirettamente l'autore, cogliendo soprattutto l'aspetto pedagogico di Busoni: con questo sistema il compositore è un riferimento sostanziale per Sibelius, tiene le fila di una teoria ritmico-timbrica cara a compositori come Varese e agli spettralisti, è fonte di vicinanza con l'opera di Jarnach e Gruenberg, trova riscontri nei procedimenti compositivi dei compositori di musica elettronica agli albori del loro sviluppo di parte americana (l'aggancio è a Otto Luening). In tutti i casi è fondamentale per la Knyt partire dal Busoni non aggrappato alle sintesi personali di Mozart, Bach o Beethoven, quello di 3 composizioni che, giustamente, si ritengono fondamentali per cogliere le equivalenze: sono la Sonatina Seconda BV 259 del 1912 (un pezzo che spingeva Busoni ai limiti della tonalità), la Berceuse élégiaque BV 252 del 1910 (una composizione per orchestra dalle linee politonali) e il Doktor Faust (la lunga opera che Busoni considerava il suo capolavoro e che fu portata a termine solo dopo la sua morte da Jarnach). Sono opere che rappresentano intuizioni speciali della musica, che si scontrano con gli stilemi abituali del romanticismo e prestano il fianco al pensiero evolutivo: per la Knyt la Sonatina Seconda ebbe un impatto fortissimo su Louis Gruenberg, non solo per la dedica del suo maestro, ma anche per la forza sperimentale che egli riteneva di intravedere nel pezzo, una forza che entusiasmò più tardi anche un compositore come Michael Finnissy; la Berceuse élégiaque colpì Sibelius al punto da rinnegare la Fantasia Contrappuntistica di Busoni e trovare lo scenario ideale per la sua composizione, perché l'"assoluta orchestrazione" che teorizzava Busoni, quella passione per i timbri e i colori in movimentazione, era pienamente condivisa nella sostanza nella Sinfonia n. 4; d'altronde la Berceuse busoniana fu anche un regalo di stima fatto ad Edgar Varese, nella realtà un doppio regalo se si pensa, come fa notare la Knyt, allo spiegamento timbrico delle opere di Varese, in quanto sorrette dalla stessa indipendenza tra le parti strumentali che risiede nella Berceuse; Otto Luening fu ispirato dal pezzo di Busoni e dalla sua varietà ritmica e cromatica tanto da implementare l'idea nella sua Sonata for piano in memoriam of F.B., composizione che condivideva con Busoni l'inversione simmetrica e la tonalità ambigua. Il Doktor Faust, poi, incoraggiò Gruenberg a scrivere per l'opera, oltre che a determinare l'innamoramento di Jarnach, in una situazione in cui i compositori, nella generalità dei giudizi verso il loro maestro, erano concordi nell'attribuirgli una valenza di pensiero evolutiva che non si materializzava pienamente nella sua musica principale: tuttavia il Faust di Busoni fu anche un travaso di quanto fatto nelle sonatine, perciò rappresentò una quota parte di quel "futuro" della musica che emergeva dalle affermazioni del compositore italiano, nonché un modo di scardinare le opinioni prevalenti degli ammiratori, che in quest'opera vennero parzialmente smentiti. Quelle di Busoni erano idee vivissime, lanciate in uno scenario di innovazione e sperimentazione a cui Busoni non diede corso in maniera netta e lampante nell'arco della sua vita artistica. Rattalino, nei suoi scritti, pose in evidenza come la personalità del compositore (soprattutto quella del drammaturgo raggiunta in Doktor Faust) era in combutta con quella del pianista, e ciò si sposa con il fatto che nonostante Busoni fosse attivo nel prendere in considerazione le nuove possibilità di espressione del piano e seguisse persino la costruzione di pianoforti microtonali, non vi sono evidenze compositive che si inoltrano in quegli aspetti dell'innovazione. Busoni restava un uomo "proiettato" con il pensiero, ma senza episodi decisivi per raggiungere la proiezione. Lo stesso Varese si lamentava di questa incomprensibile contraddizione tra il pedagogo fuori dagli schemi e il compositore/musicista traghettatore di stili classici, di un autore che aveva intuito tutto ma aveva lasciato ai posteri la necessità di appropriarsene, ed è un peccato ricordare che lo stesso Grisey considerava solo Varese come nonno dei suoi esperimenti spettrali. 
Ferruccio Busoni and his legacy, dunque, riorganizza una materia che non è certo povera di interventi e contributi: in un difficile tentativo di erigere i cerchi più alti di un albero genealogico, in cui far passare il messaggio di un Busoni visto come centro di gravità del pensiero musicale del Novecento, il libro fornisce una serie di elementi focali-nodi su cui si può convergere per assaporare tutte le intuizioni e per rendersi conto della platea di compositori che potrebbe essere in debito con l'italiano (con molti di loro ancora viventi). 


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