La contrabbassista Sarah Clénet e la flautista Rosa Parlato sono figlie di un ben determinato programma di astrattismo delle arti e della filosofia: la loro musica è l'esplorazione di un linguaggio, una sorta di composto chimico in cui speciali estensioni si pongono come direzioni determinanti per confermare i poteri di mondi non convenzionali dei suoni.
Gilles Deleuze affermava che una vera soggettività dell'individuo poteva verificarsi solo se egli si spogliava del suo "io", un costrutto che aveva prodotto le regole del mondo, impedendo uno sviluppo autonomo della personalità in simbiosi con l'ambiente naturale e animale; grazie ad una straordinaria intuizione filosofica, Deleuze chiedeva agli uomini un "regresso" e non un "progresso", non nel senso involutivo del termine naturalmente, ma solo ai fini della comprensione di quanto ci circonda e del benessere che essa può provocare. Se ci avviciniamo adeguatamente agli animali, agli oggetti e alla natura intera, siamo certi di aver dato un peso anche alla nostra presunta spiritualità.
La musica di Clénet e Parlato muove dunque dei "regressi" organizzati: se cerchiamo di fare qualche riferimento al passato, è molto probabile che la contrabbassista francese abbia maturato le sue percezioni musicali nell'ambito di quanto Joelle Leandre cominciò a proporre da Taxi in poi: rivoluzioni negli attacchi, costruzioni di trame melodiche introverse e misteriose, drammaturgie del canto; quanto alla Parlato c'è un'eredità italiana allo strumento che non può essere sottaciuta e che si inserisce proprio nell'ambito della classica estensiva. Le due musiciste solitamente si esibiscono a nome Fatrassons, in concerti pluri-mediali: c'è elettronica a supporto (pedaliere e tutta una serie di aggeggi modificatori del suono) e le videoproiezioni di Christophe Drodelot, un videoasta plastico francese, importante per aver creato tutta una serie di relazioni tra i colori attraverso una bussola cromatica; Drodelot è speculare alla musica del Fatrassons, poiché saper individuare con precisione quanto accade negli spazi cromatici dei colori significa anche saper interpretare le direzioni e supportare in maniera adeguata la creatività. La conoscenza della direzionalità è dunque il concetto principale per poter interpretare la musica di Plus prés de l'entrée que la sortie, il cd che la Clénet e la Parlato stanno promuovendo nelle nicchie virtuose dell'informazione dell'improvvisazione libera: molte tecniche estensive, esplicitate durante un percorso improvvisativo speciale che viene svolto in una dimensione trasversale, fenomenologicamente sviluppata in zone poco utilizzate dal cervello musicale, quelle mentalmente in fuori fase. Solo più ascolti garantiscono quei passpartout utili per entrare nei significati della loro musica. Tra le tecniche estensive più utilizzate, la Parlato insiste molto su una che sonoramente è capace di trasformare il flauto in un ruggito, mentre la specialità della Clénet al suo strumento è quella di catturare benissimo i cigolii, gli strappi e le densità armoniche del contrabbasso.
Plus prés de l'entrée que la sortie è un pezzo di musica straordinariamente valido, pieno di congetture libere, dove le due musiciste quasi si accompagnano per mano nella scoperta di posti sonori non convenzionali; talvolta usano anche la voce in maniera subdola, per elaborare qualcosa che somiglia ad un lamento di preoccupazione o una preghiera (senti la parte finale di Dans une Thonet), altre volte l'ambiente si riscalda come urla di enfasi della partecipazione (senti la parte centrale di Les oreilles à l'affut). E' fantastico quanto viene presentato in Les jambes croisées, dove gli strumenti e l'elettronica adattata al contesto sono in grado di incarnare materiali meccanici e venti maestrali. Segnatevi il duo Fatrassons: altre due improvvisatrici di rango altissimo.