Dominique Schafer: vers une présence réelle...


Ho dato molta attenzione alle note interne di Thomas Meyer per la recentissima monografia per Kairos R., dedicata al compositore svizzero Dominique Schafer, cercando di trovare corrispondenze tra il lavoro di interpretazione del librettista e del compositore, da traslare poi nel mondo dell'estetica dell'ascolto. Meyer ci sottopone un problema generale, un'insiemistica del comporre in agglomerazioni e un paio di riferimenti teorici: su Schafer solleva il problema dell'enfasi del tono, un concetto che a prima vista dovrebbe essere ampiamente superato nell'ottica della composizione attuale; le decostruzioni, i multifonici, la microtonalità e i significativi progressi dell'elettronica processuale hanno inferto un duro colpo alla composizione che si nutre delle geometrie del tono. Egli ritiene che da esso si può ancora costruire uno scenario compositivo ed arrivare ad una percezione sensoria che privilegi un'intento narrativo; aldilà dei discutibili ragionamenti che si possono fare su queste sottili linee della comprensione musicale, c'è un elemento dell'organizzazione del comporre che comunque viene affrontato da Schafer ed è l'abbinamento di tre gruppi di strumentazione che idealmente si staccano e si ricompongono nell'unità di un ensemble appositamente costruito con quell'idea: un classico piano trio con violino e cello, un trio debussiano (uno con la struttura tipica della sonata, flauto, viola ed arpa) e un trio misto da camera con oboe, clarinetti e tromba. 
Vers une présence réelle... (titolo del pezzo omonimo composto nel 2014 che apre la monografia) poggia visivamente e sostanzialmente nella tripartizione annunciata, come in una Gruppen ridotta molto all'osso e con uno spazio di compenetrazione spaziale nettamente inferiore ma utile per lo scambio musicale dei 9 elementi dell'Ensemble Proton Bern diretti da Matthias Kuhn (vedi qui la prima russa a San Pietroburgo; la composizione, naturalmente, non parla la lingua della classicità romantica o impressionista, e la presenza reale a cui allude Schafer si riferisce a quella situazione che si può provare nelle fasi in cui i nostri sensi (per un motivo specifico) restano confusi ma tendenzialmente pronti a rendersi chiari ed evidenti come dei colpi di spugna della ragione; i 15 minuti di questa esposizione incorporano molto bene queste gradazioni dei sensi e lo fanno passando attraverso un progetto cangiante dei suoni, dove la divisione dei trio gioca a favore della propria unità e rilievo delle proprie caratteristiche, ma anche con la prontezza di unirsi instantaneamente con il restante universo sonoro: con multifonici specifici, un pianoforte che proietta in clusters e accordi incidenti di percorso e tanta sonicità malversa sugli archi, caricati di enfasi atonale, Vers une présence réelle si ritaglia un bel posto nella composizione contemporanea, contribuendo a denotare lo stile dello svizzero, uno sguardo senza censure della realtà, realizzato con la ricetta e la forza dell'intrigo sonoro. 
Anima, quintetto estrapolato dall'Ensemble Proton Bern, e Fluchtpunkte, estrapolazione di un sestetto, sono gli antecedenti di quanto raggiunto in Vers une présence réelle, pezzi che dimostrano che, per ciascun strumento, Schafer ha un'idea espressiva specifica, un trattato di "note" scritte in memoria che si riallocano per trovare uno sbocco. Il beneficio delle analisi di Schafer sta anche nella strumentazione usata: sembra gli sia molto caro il timbro degli oboe, dal momento che INFR-A-KTION chiama in causa il lupophone (una specie di oboe basso) e il contraforte, una variante del controfagotto: attraverso queste inserzioni focalizzate su gamme sonore che ricevono le prime attenzioni dalla composizione, Schafer riesce a raggiungere meglio l'obiettivo dei prototipi interiori, ossia delle azioni pensate in musica che debbono essere esposte nel rilievo emotivo. 
Cendre (flauto basso e live electronics) e Ringwood (clarinetto e live electronics) si calano in una morsa ambigua, con i multifonici a farla da padrone e l'elettronica che dilata le possibilità, mentre le certezze derivano dal clima "amorevole" che si "legge" tra le righe della composizione, quando si aumenta il carico degli ascolti.



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